Prosegue la lotta senza quartiere tra Israele e Palestina, ma si aprono i primi spiragli di pace
Il Cairo – La sala ristorante dell’albergo è stracolma, quando inizia il telegiornale. Mohamed, un arabo di Gaza, è uno dei pochi che è riuscito a riparare nella capitale egiziana, contando sul fatto che doveva essere qui per motivi di lavoro. “Gli Israelani devono smetterla di bombardarci senza motivo, anche noi vogliamo vivere in pace” mi dice appena capisce che sono un giornalista. Decido di offrigli la cena e lui accetta di buon grado, visto che non naviga certo in ottime acque. Ci troviamo così a chiacchierare a lungo di questa guerra, causata dai gruppi estremisti, ma odiata da tutti coloro che vogliono avere un lavoro e vivere finalmente in pace, senza uscire la mattina di casa con la paura di morire. Quando gli chiedo se Israele vuole veramente invadere la Striscia di Gaza, lui esita, forse per scacciare quel pensiero, poi mi risponde: “spero proprio di no”. Il nostro esercito è inferiore al loro. Non avremmo speranze. In ogni caso spero che Abu Mazen si metta d’accordo con Netamyhau, altrimenti addio libertà per noi palestinesi”.
Già, il Premier dell’Autorità Palestinese sembra l’unico, tra i leader dei due continenti, a volere veramente la pace. Speriamo che convinca il suo collega israeliano e soprattutto gli Jihadisti di Hamas, che continuano la loro guerra a colpi di missili con le truppe dell’intelligence israeliana, il Mossad, che presidia anche i bunker antiaerei sparsi per tutto Israele, da Betlemme al parlamento di Tel Aviv.
Ormai è mezzanotte in Egitto, ed è ora di ritirarsi. Tuttavia disturbo ancora Mohamed, che non sembra affatto infastidito dalle mie domande, per chiedergli cosa pensa del futuro di questa Terra che sembra non avere mai pace. Lui, ancora una volta, sembra esitare, come se cercasse di farmi capire tutto il peso delle sue parole, prima di rispondermi: “penso che questa guerra non si concluderà in fretta. Tuttavia, noi palestinesi ne abbiamo abbastanza di combattere. Ormai siamo parte dell’ONU, quindi siamo praticamente uno Stato sovrano. Per gli israeliani vale lo stesso e anche l’Egitto, dopo le rivoluzioni, è interessato a mediare. Spero, proprio, che tutte le terre, dal Sinai alla Siria, possano vivere in pace entro pochi anni. Prima della morte di tutti noi. Se non ci fermiamo ci auto-distruggeremo”.
Dopo le sue ultime parole, che Mohamed ha pronunciato con calma, quasi come se ne dovesse pesare il valore, si alza e se ne va. Forse non lo rivedrò più, tuttavia, questo incontro mi ha insegnato una cosa che prima di giungere qui stentavo a credere, visto che questi due popoli sono in guerra, quasi ininterrotta, dal 1948. Mohamed mi ha insegnato che questa parte di mondo vuole la pace. E la vuole fortemente.
Luigi M. D’Auria
Lascia un commento