“Anche qui gli Jihadisti provano a conquistare il potere, sfruttando la debolezza del Governo”
Tunisi – Nonostante tutto ciò che sta succedendo a qualche centinaio di chilometri da qui, la capitale della Tunisia sembra serena. Forse aiutati dal clima particolarmente favorevole a livello politico (la nuova Costituzione, stilata con l’aiuto di professori italiani, ha trasformato la Tunisia in una democrazia), i tunisini non sembrano curarsi della guerra scoppiata pochi mesi fa in Libia, che sta mietendo migliaia di vittime e pare lontana dalla fine.
Sembra incredibile, tuttavia in molti si aspettavano questo conflitto. Quando, infatti, chiedo a Mehdi, un edicolante conosciuto a Tunisi, cosa ne pensi di questo conflitto, mi risponde che era logico aspettarsi una rivoluzione filo-islamista, dato che in Libia, dopo la destituzione di Gheddafi, nessuno è riuscito a mantenere l’ordine senza rendersi responsabile di crimini simili a quelli del colonnello. Inoltre, bisogna aggiungere che il Governo di transizione non è mai riuscito a controllare l’intero Paese, visto che i Berberi sono di fatto indipendenti dal 2011 e che il fronte pro-Gheddafi resiste ancora indisturbato in alcune remote piazzeforti dell’interno. Visto un caos di questo genere, era facile prevedere che i gruppi Jihadisti potessero raccogliere proseliti, soprattutto tra persone che non hanno nulla da perdere, soprattutto a causa della povertà, ma anche perché ricercare da uno dei numerosi poteri che governano pezzi più o meno grandi di una Libia che è unita solo sulla carta. Preso, dunque, atto della situazione interna, bisogna anche ammettere che la Libia è stata lasciata totalmente in balia degli islamisti, senza aiuti internazionali, nonostante il governo ufficiale cerchi di fondare uno Stato sostanzialmente democratico. Solo l’Italia (mossa però da interessi legati al gas e al petrolio che alimentano le nostre case) non ha abbandonato la propria ambasciata a Tripoli, mentre gli altri sono letteralmente scappati.
A questo punto chiedo al mio amico cosa ne pensa del futuro della Libia, soprattutto considerato che il Paese è allo sbando. Con un po’ di nazionalismo lui mi risponde che nel Nord Africa il modello da seguire sarebbe quello tunisino, con partiti sia islamici che laici, pronti al dialogo e non estremisti. Gli rispondo che secondo me, il Governo deve prima cercare di riconquistare tutta la costa, per poter rimettere in moto il commercio con l’Europa, che potrebbe così dare un supporto logistico, per poi cercare di rimettere insieme ciò che resta del Paese, per creare una democrazia stabile e duratura.
Ormai a Tunisi è sera ed io con il mio amico brindiamo, con un buon tè verde, alla Tunisia, nella speranza che anche in Libia si possa molto presto tornare a festeggiare. Luigi M. D’Auria
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